La coltivazione vitata nel Roero, come nel resto del Piemonte, venne portata dai Greci, ai quali seguirono i Romani che dedicarono tanta attenzione al vigneto e alla cantina, introducendo concetti nuovi (la botte di legno e la cantina interrata) che hanno favorito l’incremento qualitativo dei vini di questo territorio.
Dal punto di vista geologico, il Roero è emerso dai flutti del Mare Padano nell’Era Terziaria (tra 65 e 1,8 milioni di anni fa) e, in particolare, nel tratto più recente della stessa, quello definito Pliocene (tra 5,3 e 1,8 milioni di anni fa). Si tratta, quindi, di un territorio più giovane rispetto a gran parte del Piemonte e, per questo, è formato da suoli che, accanto alle marne calcaree, presentano spesso strati sabbiosi che rendono il substrato più soffice e anche più accogliente per l’apparato radicale delle piante, vite compresa.
Sotto l’aspetto morfologico, le colline sono ripide, molto difficili da lavorare e ben esposte al sole. Proprio per questo sono coltivate a vite da secoli.
Dal punto di vista climatico, il Roero è come il resto della realtà piemontese influenzato dal clima freddo-temperato, adatto alla produzione di vini fruttati e fragranti che, nonostante il trascorrere del tempo, salvaguardano il legame con il frutto d’origine. Sono vini questi che resistono al tempo e sottolineano profonde differenze tra le diverse annate di produzione, così che ogni vendemmia è un’opera d’arte.